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Gli affreschi della cappella di San Bernardo

Rinvenuti nel 1952 “sotto uno strato di calce” dal pittore Mario Raimondo di Dolceacqua, meglio conosciuto con il nome d’arte di Barbardirame, gli affreschi costituiscono ciò che resta di un più ampio ciclo decorativo, del quale è stata risparmiata la porzione in corrispondenza dell’antica abside, adattata nel corso del settecento a piccola sacrestia alle spalle dell’altare.

Analogamente ad altre raffigurazioni di San Bernardo presenti nell’arco alpino sud-occidentale, la decorazione sviluppa una contaminazione iconografica tra la figura di S. Bernardo di Mentone, protettore dei viandanti e protagonista del miracolo dell’incatenamento del diavolo ad una colonna sul passo del Monte Giove (parete di sinistra), e quella di S. Bernardo di Chiaravalle, a cui si associano gli attributi del libro, del pastorale e del demonio al guinzaglio, rappresentati nella figura al centro della parete di fondo.

Gli affreschi rappresentano una testimonianza di primario interesse per la ricostruzione della vivace temperie figurativa che caratterizzò la capitale della signoria dei Doria tra la fine del Quattrocento e gli inizi del secolo successivo. Alla decorazione posero mano due distinte botteghe pittoriche. Alla prima è riferibile l’ancona dipinta al centro della parete di testa su cui campeggia l’immagine del Santo titolare, fiancheggiata da San Girolamo e San Nicola da Tolentino e sormontata da una Imago Pietatis, irrimediabilmente compromessa con l’apertura di una finestrella. Al medesimo atelier si deve la Conversione di Saulo e, a sinistra, il San Bernardo che incatena il demonio alla colonna, al di sotto del quale corre l’iscrizione che riporta la data di ultimazione di questa parte dei lavori – 26 agosto 1513 – e il nome dei due massari di San Bernardo, promotori dell’opera (“Hoc opus factum fuit termporum masariorum Johannis Ru[s?]c[u?]e et Guilermi Anrrici”).

Pur denotando una volontà di adeguamento in senso rinascimentale, evidente nell’adozione di una struttura antica per la cornice dell’ancona, costruita secondo una prospettiva empirica, il linguaggio di questa bottega appare ancora ben radicato nella cultura figurativa tardo-gotica che dal Piemonte occidentale e sud-occidentale si dirama nell’estremo Ponente Ligure, con particolare riferimento all’opera di Giovanni Canavesio da Pinerolo, la cui produzione matura evidenzia strette affinità con gli affreschi di San Bernardo. Un’orizzontale culturale a cui rimanda anche, sul piano delle tematiche svolte, l’inserimento della Cavalcata dei vizi nella fascia inferiore della parete sinistra, soggetto che trova un precedente nella Liguria di Ponente negli affreschi realizzati dai Fratelli Biasacci da Busca nel Santuario di Montegrazie.

Un deciso scarto di gusto e di linguaggio segna i modi del maestro che contempla i lavori della decorazione, subentrando alla prima bottega. Alla mano di questo pittore sono ascrivibili il Sant’Antonio da Padova sulla parte di testa, la Madonna con Bambino sulla volta e, sulla parete di destra, la Resurrezione di Cristo e il frammento di Crocifissione, con il volto dolente ed intenso della Madonna ai piedi della Croce. Realizzata interamente a buon fresco, questa parte della decorazione rivela un aggiornamento sui coevi sviluppi della pittura rinascimentale lombarda, ben evidenti anche nella resa degli sfondi, dove i toni azzurri delle colline tradiscono la ricezione delle teorie leonardesche dell’effetto dell’atmosfera nella rappresentazione degli elementi paesaggistici.

I restauri

Al momento di affrontare il restauro, gli affreschi si presentavano in gravi condizioni conservative. Il danno più grave era rappresentato dalle lesioni strutturali createsi a seguito di dissesti statici che avevano causato profonde crepe nelle murature, il distacco le l’abbassamento degli intonaci dipinti, e – specie nella parte centrale della volta e sull’angolo con la parete di sinistra – la parziale perdita di essi. Le profonde lesioni erano state già tamponate in un precedente intervento di restauro da far risalire alla metà del secolo scorso, con stuccature cementizie raccordate cromaticamente alla decorazione.

Nella parte superiore della parete di fondo, inoltre. L’apertura di una piccola finestra, che ancora oggi da luce all’absidiola, ha causato la perdita di buona parte della raffigurazione del Cristo in Pietà.

I dipinti avevano subito nel tempo un forte deterioramento superficiale, a causa delle condizioni ambientali e dell’impiego di materiali non idonei nel precedente restauro. Erano presenti sbollature e distacchi di intonachino – specie nella scena della Conversione di Saulo -, vistose colature in corrispondenza della finestra, sbiancamenti da Sali insolubili, sollevamenti e cadute della pellicola pittorica, gravi lacune, alcune delle quali imputabili alla caduta di alcune rifiniture “a secco”, tecnica con la quale erano state realizzate alcune parti, lasciando in vista il disegno preparatorio a pennello.

Si individuano inoltre diversi danneggiamenti vandalici, ben evidenti ad esempio nella figura del diavolo sulla parete sinistra, e diverse iscrizioni a graffite. Nella fascia inferiore delle pareti laterali la pellicola pittorica era ricoperta da una scialbatura di calce molto tenace, che in parte si era tentato di rimuovere nel precedente intervento.

Il problema del distacco degli intonaci dalla struttura muraria, costituita (come si riscontra abitualmente negli antichi edifici di tipologia “povera” tipica delle chiesette di campagna) da pietre legate da una malta terrosa con pochissima calce, era ancora presente nel momento in cui si è affrontato il restauro, e ha imposto un accurato intervento preliminare di ancoraggio per scongiurare la caduta definitiva della volta affrescata.

L’intervento è stato eseguito attraverso la scopertura parziale della volta a cura della ditta Formento che ha provveduto anche al rifacimento dell’impermeabilizzazione della copertura, in corrispondenza del voltino affrescato.

All’interno, lungo le crepe del voltino preventivamente puntellato, sono state praticate iniezioni di specifica maltina consolidante a basso peso specifico, cui è seguito il progressivo riempimento delle intercapedini formatesi tra intonaco e muratura, l’eliminazione delle tamponature in materiali idoneo e la stuccatura delle lacune profonde con malta tradizionale di sabbia e calce.

Si è proceduto in seguito al fissaggio superficiale dell’intonachino e della pellicola pittorica nei casi di distacchi e sollevamenti, passando poi alla pulitura delle superfici dipinte, eseguita con impacchi di carbonato d’ammonio in polpa di cellulosa e risciacqui con acqua distillata.

La scialbatura di calce sulle pareti laterali è stata asportata con un vibroincisore di precisione, al fine di recuperare per quanto possibile la superficie affrescata sottostante, e riportando così alla luce la rappresentazione di una Cavalcata dei vizi nella parete sinistra e una galleria delle Virtù sulla parete opposta.

Visite

Si ricorda che la Chiesa di San Bernardo è visitabile su prenotazione tramite l’uffico IAT